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Signora di Asolo

Dopo l'abdicazione, in segno di riconoscenza, Caterina Corner otteneva dalla Repubblica il diritto di continuare a fregiarsi del titolo di "regina di Cipro, di Gerusalemme e d'Armenia", insieme al possesso del feudo di Asolo, nella Marca trevigiana, con lo stesso appannaggio di cui aveva goduto prima dell'abdicazione; onori e rendite varie spettarono anche al fratello Giorgio, nominato cavaliere della Stola d'Oro, insignito della prioria di Cipro, e salutato in seguito "Padre della Patria".
Da allora in poi Caterina visse alternando soggiorni in Laguna - tra il palazzo sul Canal Grande, a San Cassiano, e la villa di suo fratello Giorgio a Murano - a lunghi periodi sui colli asolani, o presso la residenza rustica di Altivole, il cosiddetto Barco della Regina, "luogo di delizie" concepito per ospitare la sua raffinatissima corte, frequentata da intellettuali, letterati e artisti d'alta levatura, in un'atmosfera culturalmente sofisticata, di cui gli Asolani di Pietro Bembo restituiscono l'immagine più vivida.

Gentile Bellini. Ritratto di Caterina Corner

Gentile Bellini. Ritratto di Caterina Corner

In quelle prestigiose dimore continuò a intrattenere relazioni diplomatiche e a svolgere funzioni di rappresentanza, ricevendo le visite ufficiali di principi, signori e membri di case regnanti, come la marchesa di Mantova, Isabella d'Este Gonzaga e sua sorella, la duchessa di Milano, Beatrice d'Este Sforza, nonché la duchessa di Ferrara, Eleonora d'Aragona d'Este, o ancora la coppia ducale d'Urbino, Guidobaldo da Montefeltro ed Elisabetta Gonzaga.
La regina di Cipro trascorse quest'ultima parte della sua esistenza onorando gli impegni pubblici e dedicandosi a opere pie, senza lasciare di adoperarsi in ogni possibile occasione a favore dei nipoti e dei numerosi parenti. Non mancarono anche gesti degni di una sovrana illuminata, come quando, durante la guerra della Lega di Cambrai, di fronte all'avanzare delle truppe di Massimiliano d'Asburgo, ella sciolse i suoi sudditi asolani dal vincolo di fedeltà, per scongiurare il pericolo di violente repressioni da parte degli invasori.
Due volte dovette riparare a Venezia, a partire dalla primavera del 1509, per sfuggire all'occupazione imperiale; non si esclude che lo sconvolgimento degli equilibri internazionali prodottosi in quel frangente riaccendesse in lei una qualche speranza per il trono perduto: sembra che venisse addirittura scoperto e soffocato sul nascere dal Consiglio dei Dieci un suo tentativo di ritorno a Cipro, cosa che le procurò un formale richiamo da parte della Signoria.
Era l'aprile del 1510, e già da tempo la salute di Caterina versava in condizioni precarie. La malattia si aggravò ulteriormente nelle settimane successive agli inizi dell'estate, finché sopraggiunse la morte, nella notte fra il 9 e il 10 luglio. Le esequie solenni ebbero luogo il 13; un corteo funebre composto dai massimi rappresentanti delle istituzioni - pur in assenza del doge Leonardo Loredan, dichiaratosi indisposto - con grande concorso della cittadinanza, partì da San Cassiano per raggiungere i Santi Apostoli, dove la salma fu inumata nella cappella di famiglia, accanto alle sepolture dei genitori, Marco Corner e Fiorenza Crispo.
Per la prima e ultima volta nella storia le campane di San Marco avevano suonato per una "figlia della Repubblica" con i rintocchi simili a quelli che solitamente annunciavano la morte del doge.
Quasi un secolo dopo, sul finire del Cinquecento, a seguito di lavori di ristrutturazione nella chiesa dei Santi Apostoli, le spoglie di Caterina furono traslate a San Salvador, dove tuttora riposano.